A Natale mi hai portato una lettera, scrivevi a me, ma parlavi con papà. Ogni cosa che facevi era dedicata a lui. Adesso tocca a me parlare di te, raccontarti ai tuoi amici e a chi ti ha voluto bene. Ma mi "costringi" a usare il tuo stile e a parlare con te. E chissà, a far parlare te direttamente con chi sfoglierà questo volumetto. Che è stata una "fatica tua". In poche parole, la tua vita. Raccontata da te medesimo, con la tua solita ironia velata di tristezza. Pagine di speranza. «Io speriamo che me la cavo» avresti detto per il gusto della battuta. E chiudevi con l'incontro con Jack, il tuo bel cane trovatello. Un incontro fra due solitudini per cominciare un nuovo cammino. «E con i miei occhi e con i suoi occhi - assicuravi - nonostante tutto, io e Jack andremo avanti e vi giuro che ce la faremo».

 

Purtroppo non è andata così. Adesso con i miei occhi mi costringi a guardare i tuoi occhi, a prendere una tua foto e poi una di papà: vi somigliate tanto, stessi occhi neri profondi, intensi, luminosi. «Ricordo i tuoi occhi scuri pieni di bontà», hai scritto di lui. Sì, questa somiglianza l'avevi notata pure tu, che di papà hai pazientemente raccolto tutto, le foto, gli articoli. E' stato il tuo modo di abbracciarlo: te lo hanno strappato via troppo presto. E' stato il tuo faro. Lo hai pure scritto: «Avevo quegli occhioni scuri quando bruscamente sei andato via. Ho ancora gli stessi occhi e con loro continuo a percorrere le impervie strade della vita. Senza di te, ma con te. Perché mi hai lasciato quella indelebile impronta. E così, con te dentro me, continuo a vivere mentre mi incontro e mi scontro con la vita».

È stato breve il tuo cammino. Guardo la tua foto e nei tuoi occhi che ci hanno regalato tanti sorrisi vedo adesso un'ombra di tristezza, di malinconia che in passato non ho saputo cogliere. Eri fragile ma ai nostri occhi ti sei sforzato di apparire sicuro. Dentro di te ferite profonde hanno continuato a sanguinare. Rabbia, dolore, solitudine e una grande sete di giustizia ti hanno lentamente corroso nell'anima, ma agli altri hai riservato sempre il meglio di te: le battute, l'allegria, l'impertinenza della tua età. Eri sempre pronto a tendere una mano, a correre al fianco di chi aveva bisogno, a consolare, a sostenere, a "battagliare" per le cause giuste, a sfidare i pericoli.

Solo a dicembre scorso hai avuto un attimo di debolezza. Hai tolto la corazza e mostrato la tua vulnerabilità, spiazzandoci. Per un attimo il "guerriero" è tornato il bambino con gli occhioni neri spauriti. E ha cominciato a guardarsi dentro per mettersi bene a fuoco, e ha cominciato a scrivere «Con i miei occhi», una «camera con vista» sulla sua vita. Ricordo quando ci hai portato a Natale questo volumetto: ci hai offerto te stesso, senza pudori. E non potrò dimenticare le risate che ci siamo fatti perché anche nelle situazioni più allucinanti sapevi trovare il lato comico. Volevi continuare a scrivere di altre "avventure", fare un corso di scrittura creativa, vivere. «Ho capito che nonostante tutto la vita è bella, forse per stare bene bisogna prenderla un po' meno sul serio, come ci hanno insegnato Totò e Peppino».

Non ce l'hai fatta. Forse ti sei messo solo in viaggio verso un'altra vita. Forse sei voluto andare a cercare papà. Non trovo la risposta. Solo le tue parole, scritte in queste tue memorie-testamento: «Non so se quello che faccio è giusto o no. E dov'è scritto cosa è il giusto e cosa non lo è. Io sono fatto così».

Addio Peppino, fratello mio. Vorrei sentirmi in questo momento come Totò e regalarti una battuta per portarti un sorriso lassù, ma non ne sono capace. Era la tua specialità. E con questo libro in cui ci offri il tuo cuore, ne sono sicuro, continuerai a farci sorridere.

Tuo fratello Giulio